Cambiare lo smartphone è sempre un piccolo trauma, soprattutto per chi non si intende di tecnologia e fa fatica a orientarsi tra le varie caratteristiche tecniche, con tutte quelle sigle e quei numeri.
Con l’articolo di oggi abbiamo deciso di correre in tuo soccorso e spiegarti per filo e per segno cosa vogliono dire le tre sigle eMMC, NVMe e UFS che si possono leggere in corrispondenza delle caratteristiche di memoria del dispositivo.
Continua a leggere se vuoi scoprire la differenza tra le tre unità di memoria integrata più comuni e come queste influiscono sul prezzo e sulle prestazioni di un telefono tascabile.
Tagliamo la testa al toro
Prima di arrivare a parlare delle unità di memoria eMMC e UFS che sono le vere “alternative” per chi desidera acquistare un dispositivo Android, parliamo della memoria NVMe, caratteristica di un solo tipo di smartphone: l’iPhone.
Proprio così! Come probabilmente sai, la Apple cerca sempre più spesso di sviluppare i suoi componenti internamente. Un tempo questo riguardava solo i processori, mentre da qualche anno l’azienda statunitense ha deciso di creare anche un’unità di memoria esclusiva.
La sigla NVMe sta per “Non-Volatile Memory express” e indica una memoria non volatile che viene spesso utilizzata all’interno dei computer portatili. La Apple ha deciso di modificarla in modo da poterla inserire nei propri smartphone al posto della eMMC e della UFS.
Chiaramente, a livello di prestazioni, questa memoria integrata ha prestazioni inferiori rispetto a quella usata per i laptop, ma l’azienda ritiene si adatti meglio alle funzionalità degli iPhone rispetto alle altre due concorrenti. In realtà, però, le sue prestazioni e caratteristiche tecniche non sono molto diverse rispetto a quelle offerte da una più comune UFS.
La memoria eMMC
Lo standard di memoria eMMC, che deriva dall’inglese “Embedded Multimedia Memory Card” (scheda di memoria multimediale integrata), viene spesso usato per i laptop e i tablet di fascia di prezzo media e bassa, oppure in alcuni modelli speciali, come quelli di Acer.
Questa memoria ha iniziato ad essere usata all’interno degli smartphone intorno agli anni ’90 dalla Siemens, azienda adesso famosa per gli elettrodomestici e le attrezzature ospedaliere, ma che un tempo produceva anche telefoni cellulari. Al tempo, l’unità veniva chiamata MMC. Successivamente, si è trasformata in un chip installato sulla scheda degli smartphone e ha quindi preso il nome di eMMC, aggiungendo la caratteristica di “embedded”, cioè “integrata”. Al giorno d’oggi, i diritti per lo standard sono detenuti dal Comitato Internazionale JEDEC.
Come accennato in precedenza, questa scheda di memoria integrata non ha prestazioni altissime e, proprio per questo motivo, ha costi più contenuti e viene usata per dispositivi a basso prezzo, oppure in applicazioni speciali, come i computer a scheda singola (SBC).
L’ultima versione disponibile di questo standard è eMMC 5.1: una memoria caratterizzata da una velocità massima di trasferimento dati che raggiunge i 600 Mbps.
La memoria UFS
Pur avendone i diritti, nel 2011, il JEDEC è giunto alla conclusione che la memoria eMMC era troppo lenta e ha quindi iniziato a sviluppare un nuovo standard che ha preso il nome di UFS – Universal Flash Storage.
Si tratta di una memoria integrata più veloce perché in grado di eseguire contemporaneamente operazioni di lettura e scrittura grazie al funzionamento su canali diversi e con chip diversi. Già il primo modello di UFS, il 2.1, rilasciato nel 2016, aveva una velocità due volte superiore rispetto a quella dell’ultimo modello di eMMC: 1.200 Mbps.
L’ultimo rilascio di questo standard, il 3.1, ha una velocità ancora maggiore che raggiunge i 2.900 Mbps! Ovviamente, anche il prezzo è molto più alto rispetto a quello di una memoria eMMC.